In questo periodo non passa giorno in cui non venga aggiornato il bilancio dell’influenza, che, sulla base delle previsioni, dovrebbe raggiungere a breve
il suo picco. Per quanto riguarda i bambini va ricordato che essa si manifesta con un quadro meno definito rispetto a quello tradizionale, al punto da essere confusa con una delle classiche virosi respiratorie: febbre alta, che può sfiorare o superare i 39 gradi, congestione nasale, inappetenza, disturbi gastrointestinali e, in caso di complicazioni, quali per esempio otite e polmonite, sintomi specifici. La fascia d’età compresa tra 0 e 14 anni, con particolare riguardo ai
primi 4 anni, è quella che registra il maggior numero di casi ed è anche la principale responsabile del contagio della popolazione adulta. Si pone quindi la classica domanda:
cosa si può fare per prevenirla? Naturalmente, come è giusto precisarlo per tutte le infezioni, i provvedimenti servono ad abbattere il rischio, che purtroppo rimane fortemente condizionato da fattori ambientali, dalla carica e dalla tipologia dei virus a cui ci si trova esposti e alla casualità.
Ecco però cinque consigli utili:
- la vaccinazione, raccomandata a tutti i bambini a partire dal sesto mese d’età e in particolare a quelli con particolari condizioni di suscettibilità (per esempio malattie croniche, affezioni polmonari o cardiache); va precisato, in ogni caso, che la produzione degli anticorpi protettivi richiede almeno un paio di settimane per cui la sua efficacia è influenzata dal tempo;
- il lavaggio delle mani, suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come misura igienica che può ridurre fino al 30% la trasmissione di un agente patogeno come il virus influenzale;
- l’attenta osservazione del comportamento del bambino: proprio perché, come già detto, l’influenza compare in maniera subdola, è sempre utile una precauzione in più di fronte a indizi sospetti. In altre parole se un bambino risulta meno vivace del solito, con scarso appetito, e presenta sintomi da raffreddamento e/o qualche linea di febbre è bene tenerlo in casa, al caldo, per un paio di giorni piuttosto che rischiare che peggiori e diffonda l’infezione;
- agire sulle difese naturali: in realtà, più che aumentarle, si può cercare di ottimizzarle, ossia di creare le migliori condizioni di efficienza del sistema immunitario, soprattutto nei bambini che tendono ad ammalarsi spesso. In questo ambito il pediatra può proporre svariate strategie, tra cui si possono ricordare in particolare i probiotici (microrganismi vivi che colonizzano l’intestino e stimolano le cellule immunitarie) e la vitamina D, la cui utilità si spinge ben oltre il suo noto ruolo nella mineralizzazione ossea;
- l’alimentazione: in complementarietà e sinergia con un’integrazione non bisogna trascurarla. In questo periodo l’attenzione dovrebbe focalizzarsi sull’apporto di acqua, vitamine antiossidanti (C, E) e “proenergetiche” (gruppo B) e minerali (ferro, zinco, selenio). Una dieta completa, variata e sufficientemente ricca di frutta e verdura, con materie prime di elevata qualità, è in grado di soddisfare il fabbisogno di tutti questi componenti, fermo restando che nei primi sei mesi di vita l’allattamento al seno, ove possibile, resta una fonte insostituibile di anticorpi e fattori difensivi.